lo scarabeo che caccia l'aquila

mercoledì 9 febbraio 2022

NANABUSH SCIUPA IL POTERE RICEVUTO DALLA PUZZOLA

OJIBWE La narrativa Ojibwe, come tutte le letterature orali, era importante nella trasmissione e nel consolidamento dei valori tradizionali. L’arte verbale degli Ojibwe si distingue in due categorie: la prima comprende notizie, aneddoti e storie di eventi importanti. Storie che spaziano dagli avvenimenti accaduti nella vita di tutti i giorni ad esperienze molto più eccezionali che volgono verso il leggendario. La seconda categoria della narrativa involge i miti Ojibwe: storie sacre sui manitok (altra forma di “potenti” esseri umani) e sui morti. Le seconde sono più classiche e formali delle prime. Il tempo per la loro narrazione era ristretto all’inverno quando gli Ojibwe, nelle loro piccole unità familiari, cacciavano per procurarsi il cibo. Raccontavano le loro tradizioni in inverno perché i manitok vivono sott’acqua e, nella stagione fredda, essendo ibernati non possono sentire. Il grosso di questa seconda categoria di storie racconta le tribolazioni di Nanabush (o Nanabozho). Una metà di questo materiale lo descrive come un sapiente eroe, l’altra metà nella ruolo dell’imbroglione. Da eroe ha creato il mondo in cui viviamo con tutti i suoi modelli primordiali. I miti della creazione contemplano molte gesta di Nanabush: dalla sua stessa nascita a quando, dopo il diluvio universale, ha creato il mondo presente. C’è una relazione d’intima identificazione fra le gesta leggendarie di Nanabush, che confermano la loro natura di cacciatori, e gli Ojibwe. Nanabush intercede fra gli uomini e i manitok; serve come ideale modello da imitare; inventa esempi per la cultura utilitarista; ha grandi capacità di sussistenza; ha scoperto il riso; ha raccontato agli uomini come fare le medicine con le piante che guariscono. Nella veste d’imbroglione squilibrato, stregone e manipolatore di parenti, era un esempio di comportamento da evitare. Un modo di fare contrario ad ogni regola della società Ojibwe e che, quindi, propone una forma di educazione negativa per tutte le età. Le sue azioni, come i patimenti conseguenti alla disobbedienza, servono da monito per un più appropriato comportamento. NANABUSH SCIUPA IL POTERE RICEVUTO DALLA PUZZOLA Come al solito se ne andava in giro a piedi. Fino a che, arrivato sul ghiacciaio di un lago, vide un abete. Allora pensò: “Non ci sono dubbi, qualcuno vive lì.” Continuò il cammino. Incontrò un buco per attingere l’acqua sul ghiaccio; un buco fatto con le budella di alce. L’incavo era davvero molto grande. Lo avrebbe voluto per se. Ci allungò le mani sopra. Ma udì la voce di qualcuno che disse: Ehi, Nanabush! Metti giù le mani. Se lo prendi, ce ne servirà un altro! Lo lasciò stare. “Vieni qui”, disse. E lui risalì dal lago. Gli offrirono del cibo; lui ne mangiò. Avrebbe voluto lasciarsene un po’. “Mangia tutto quello che ti ho preparato”, disse. E lui lo mangiò tutto. S’accorse di quanto fosse grosso quello che gli parlava. “Nanabush, sembri molto affamato”. “No”, rispose. “No? Nanabush, tu sei alla fame! Si vede che hai tanta fame. Lo dico per te, per farti avere una grazia”, disse. “Si, mio giovane fratello, ho davvero fame”, rispose. “Bene – gli fu detto – allora t’insegnerò quello che dovresti fare”. Gli fu dato un piccolo flauto. “E’ questo – disse – quello che dovrai usare. Quando ritornerai a casa, la tua anziana donna dovrà costruire una lunga casa; dovrà essere una casa molto lunga. Ti do anche questo, per quando sarà finita, con questo ucciderai quelli che entrano in casa. Fai esattamente come t’ho insegnato”; gli fu detto. Era la Grande Puzzola che stava parlando. “Ti darò la possibilità di farne uso per due volte – disse – di questa cosa che userai per ucciderli. Ora inginocchiati e appoggiati sulle mani”, disse a Nanabush. Con grande consapevolezza si piegò su mani e ginocchia. Si posizionò in faccia al suo di dietro, e fu coperto da una grande puzza. Questo è quello che gli fece. E, questo, è quello che gli disse: “Per favore, Nanabush, fai attenzione – disse – o potresti far male ai tuoi bambini”; gli fu detto. “Quando tornerai a casa dovrai rigorosamente fare così: Soffierai una melodia sul tuo flauto, alcune alci andranno in casa tua. N’entreranno abbastanza, poi faranno così: cammineranno intorno dentro la tua lunga casa. Dopo, quando verrà fuori il capo branco, tu gli farai una puzza per ricacciarlo dentro. Così, anche tutte quelle dentro, moriranno. E tu avrai il cibo per svernare. Se ne vorrai ancora, quando le avrai mangiate tutte, potrai soffiare un’altra volta sul flauto. Così potrai attraversare l’inverno, senza aver mai più fame. Questo è tutto quello che dovevo insegnarti”; gli fu detto. Nanabush si rimise sulla sua strada. Era davvero molto fiero. Ora, nel momento che stava camminando per la sua strada, vide un albero davvero grande. “Chissà se il mio giovane fratello m’ha detto la verità – pensò – quasi, quasi… gli faccio una puzza!” Pensò Nanabush. E davvero fece una puzza sul grande albero; che marcì completamente. “Sembra che il mio giovane fratello m’abbia detto la verità!” pensò. In un momento mentre ancora una volta camminava per la sua strada, vide una grande roccia oltre il versante opposto delle colline. “Eppure – pensò ancora – io continuo a chiedermi se mi ha detto la verità”. “Quasi, quasi… farei un’altra prova sulla roccia”, pensò. E davvero fece ancora una puzza. Quando guardò, di quella grande roccia, non era rimasto niente. Colui che aveva avuto pietà di lui sentì voci a proposito di quello che lui stava facendo. “Com’è stupido, da parte di Nanabush, non fare attenzione; sta portando la rovina sui suoi bambini.” Nanabush si drizzò in piedi. Andò là dove c’era la roccia. Riuscì a trovare dei pezzetti di roccia sparsi qua e là solo dopo una persistente ricerca. “Che il mio giovane fratello abbia detto la verità – pensò Nanabush – è un fatto concreto!” Ritornato a casa disse: “Vecchia donna, sono stato benedetto;” disse alla sua vecchia donna. Poi continuò: “Domani – disse a sua moglie – costruiremo una casa molto lunga!” Costruirono una casa, davvero, molto lunga. Alla fine, disse alla sua vecchia donna: “Siediti!” E rimasero seduti. Soffiò una melodia sul flauto. Vide alcune alci correre verso la casa, per davvero. “Sono certa, non ho alcun dubbio – gli disse la moglie – che non hai obbedito alle istruzioni”. Le alci entrarono in casa, per davvero. Il capo branco uscì di casa. Nanabush tentò una puzza; ma non era più capace di fare le puzze. Ora aveva fatto arrabbiare la donna, per davvero. “Non fai mai attenzione né a cosa ti viene detto e né a chi te lo ha detto!” gli disse la sua vecchia donna. Tutto quello che poteva fare era aprire e chiudere le chiappe. Ma non poteva fare puzze. Fece arrabbiare sua moglie, l’aveva fatta arrabbiare per davvero. Tutte le alci riuscirono. Per davvero aveva fatto arrabbiare sua moglie. Le alci ripresero il loro cammino fuori dalla casa. La vecchia donna riuscì a colpire l’ultimo che usciva. Ruppe la gamba ad un giovane alce. “Sei proprio un babbeo! Ma non t’hanno detto come avresti dovuto fare?” “Veramente si! Mi era stato dato il potere di uccidere tutte le prede che entravano nella casa per due volte… o no?” Per i due miserabili non c’era nulla da mangiare. Lei aveva rovesciato le budella dell’alce. Ci foderò il buco per attingere l’acqua. Lui sapeva che loro avevano un gran bisogno di cibo, Lui che, invano, s’era preso pietà per Nanabush. “Per questo andrò da lui”, fu il pensiero che da Lui arrivò a Nanabush. Questa volta fu la Grande Puzzola a partire per davvero. In breve arrivò fino a dove stavano loro. “Che cosa t’è successo;” Gli disse. Il budello dell’alce foderava il buco sul lago dove attingevano l’acqua. “Ma come si può compiere un’idiozia così, Nanabush!” E rise di lui. Questo è quello che disse a Nanabush: “Cos’è successo, Nanabush?” chiese la Puzzola. “Dopo averti lasciato, mio giovane fratello, quando ero circa a metà strada, feci puzze su un grande albero e su una grande roccia. Si l’ho fatto ma ho provato pietà”. “Allora – disse – avrò ancora pietà di te.” Poi disse: “Sono venuto fin qui per benedirti ancora.” E, Nanabush, fu ancora ricoperto di puzza. “Ora non rifarlo un’altra volta!” Gli diede quello che avrebbe potuto usare ancora due volte. E si rimise sulla strada che lo riportava a casa. La moglie lo prevenne dal far puzze. Seriamente. Al tempo giusto lui soffiò una canzone sul flauto. Vide le alci arrivare ed entrare nella lunga casa ancora una volta. Poi, quando questi tento d’uscire, fece una puzza sul capo branco. Stavolta morirono tutti. Guardarono dentro: il posto dove vivevano era pieno delle alci ch’avevano ucciso. Ora, le miserabili creature, avevano tutto il cibo di cui abbisognavano. La moglie disse. “Per favore, cerca di fare attenzione e di non buttare i resti, se non vuoi affamare i bambini.” Ora, con le alci trattate per l’uso, sentivano di poter attraversare l’inverno, tranquillamente. “E’ abbastanza probabile che potremo attraversare l’inverno;” disse alla moglie. “E’ abbastanza probabile;” si sentì dire. “Siamo stati veramente benedetti;” disse la moglie al marito. E questo è tutto quello che so.

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