lo scarabeo che caccia l'aquila

mercoledì 9 febbraio 2022

LA CACCIA DEL CERVO

YAQUI Gli Yaqui o Yoemem (la Gente), come chiamano se stessi, considerano la Canzone del Cervo la loro più antica forma d’arte verbale. La Caccia del Cervo descrive entrambi i mondi: questo e quell’altro; un mondo dove tutte le azioni del danzatore del cervo hanno un parallelismo in quel mitico posto primordiale che gli Yaqui chiamano Sea Ania (Mondo Fiorito). Il Mondo Fiorito è associato con altri posti spirituali come lo Yo Ania (Mondo Incantato), o lo Huya Ania (Mondo Selvatico). Il Mondo Selvatico è la casa di tutti e due: Saila Maso (cervo) e Yevuko Yoleme (prototipo del cacciatore). Le Canzoni del Cervo descrivono l’equivalenza fra queste due parti reali dell’universo Yaqui. Collegano il mondo polveroso della danza con l’etereo Mondo Fiorito, un mondo visibile e uno invisibile, il mondo che è sempre qui con quello che è sempre di là. I Sewam (fiori) sono le chiavi di questa equazione. I fiori sono tutto ciò che di bello e di buono ci arriva dal Mondo Fiorito. Ogni cosa che è animata, influenzata, o toccata dal Sea Ania può essere definita Sewam. Il palcoscenico, Rama (dallo spagnolo ramada), è fatto con gli arbusti del Deserto di Sonora disposti in maniera da suggerire un’apertura nel deserto; perché si crede che, durante la cerimonia, il Rama diventi il Mondo Fiorito. Alla fine di ogni canzone è riportata la spiegazione che ne dava la voce narrante LA CACCIA DEL CERVO Prima devi solo guardare Dopo lo troverai, lo troverai Prima devi solo cercare Dopo lo scoverai, lo scoverai Prima devi solo aspettare Dopo lo prenderai, lo prenderai Aspetta Lo prenderai “Sono risalito da una apertura laggiù nel piccolo bosco ricoperto di fiori” Una volta che sarà fuori, lo prenderai Prima devi solo guardare dopo lo scorgerai, lo prenderai. “Prima cercalo con gli occhi” dice la canzone. “Quando emerge dagli arbusti, lo vedrai”. “Cercalo che poi lo troverai” così dicono i cacciatori, i pakkolam . Allora, i pakkolam escono a caccia. Cercano le tracce dell’animale negli anfratti. Si, negli angoli selvatici più nascosti. Oddio! Non sono proprio angoli selvatici quelli in cui si è al cospetto del rama . I cacciatori cammineranno, cammineranno. Poi, fuori dal luogo selvatico, cercheranno quell’animale. E ancora lo cercheranno e così facendo torneranno al cospetto del rama. Così dice la canzone. Dove cresce l’agave mescal Lì ci incontreremo Immobili e saldi come l’agave mescal Ci incontreremo lì. Dove si erge l’agave mescal Ci ritroveremo Decisi ad aspettare Fissi e impassibili come l’agave mescal Che cresce vigorosa Dove noi ci siamo dati appuntamento. “E tu sei incantevole, avvoltoio nero di cielo” “E tu sei incantevole, avvoltoio giallo di terra ” noi ci incontreremo dove si erge il legno bianco e l’agave mescal; insieme parleremo di questo animale. L’avvoltoio nero e quello giallo si incontreranno dove si erge un albero bianco. “Quando ci incontreremo parleremo di questo animale” dice l’avvoltoio nero. I due parleranno del cervo che intendono mangiare. Il cervo danzerà per questo. L’avvoltoio nero e l’avvoltoio giallo parleranno insieme tra loro dove si erge l’albero bianco. Loro appaiono in questo mondo quando vedono qualcosa che giace morto per terra. Loro vivono da qualche parte sopra le nostre teste. L’avvoltoio nero e l’avvoltoio tacchino scendono in questo mondo perché vogliono mangiare. Questo dice la canzone. Loro vogliono cacciare e poi mangiare. È per questo che parlano del cervo. “Laggiù – dicono – c’incontreremo dove si erge l’albero bianco”. Forse anche l’albero è morto. Aspettano insieme laggiù, sotto il sole che li riscalda. Parlano dell’animale, di dove lo soggiogheranno. Sono loro che lo mangeranno. Stanno aspettando da qualche parte laggiù. Cercano le tracce Laggiù intorno “Prendilo per me” Seguono le tracce proprio laggiù “Prendilo per me” Annusano l’animale che si trova nel mondo “Prendilo per me” Inseguono la preda “Prendilo per me” Laggiù c’è un’apertura che affaccia sul piccolo bosco ricoperto di fiori Da lì lui verrà fuori “Tu lo prenderai per me”. È laggiù nei paraggi “Cerca le tracce; prendilo per me” “Cerca le tracce, laggiù intorno. Manca poco, lo prenderemo” dice la canzone. “Da un’apertura del piccolo bosco ricoperto di fiori, quando arriverà lì, noi lo prenderemo” dicono i pakkolam. “Una volta uscito allo scoperto lo prenderemo” e con questa strofa la canzone finirà, finirà. Il cervo sarà ucciso, lì nel rama. Intanto quelli che lo aspettano siedono qui. Aspettano seduti tutti e quattro nascosti dietro un cespuglio. Quando saranno lì fermi ad aspettare, il cantore del cervo intonerà questa canzone. Quando starà per iniziare la canzone, il cervo correrà incontro fra i cespugli proprio ai quattro pakkolam che, nella foga di alzarsi, cadranno in avanti l’uno addosso all’altro. L’un l’altro, gridando, si raccomanderanno di non fare rumore. I pakkolam si prenderanno in giro l’uno con l’altro. Il cervo, alla fine della strofa, urtando contro uno lì seduto, scapperà via. Questa volta i pakkolam, sorpresi e spaventati, cadranno indietro. Proprio quando il primo della fila colpirà e così, quando lui scaglierà la freccia, la scaglierà in alto, in alto nell’aria, e getterà l’arco. Allora, gi altri pakkolam, che sono i suoi figli, diranno “come può un uomo grande fare questo, babbo, papa?” e prenderanno in giro l’uomo. Si faranno gioco del padre! “Arco, dov’è la mia Freccia ?” “E’ a Punta Storta” “E’ a Sperduto ce n’è un’altra” Così i cacciatori si prenderanno in gioco l’uno dell’altro. E uno dirà “No, non l’uomo chiamato Freccia ma la freccia dell’arco”. E poi si metteranno tutti a cercare la freccia di legno… “E’ qui la freccia che ti appartiene”. Intanto il cervo è scappato dal rama. Per cercarlo i cacciatori faranno un giro intorno alla croce sul rama. Il cane li seguirà. Fiuterà e seguirà le tracce. Quando le troverà, abbaierà forte. “Il cane le ha trovate laggiù”, diranno. Ed il cane, ancora una volta, continuerà la sua corsa dietro il cervo. La canzone dice così. Vado in un posto Dove non c’è salvezza Vedo i miei stessi passi Dirigersi verso la mia rovina Vado incontro Alla mia fine Vado in un luogo Dove mi aspetta la morte So che oltre il bosco Per me non c’è ritorno Eppure vado ugualmente Nel luogo da cui non si può ritornare Sono risalito da quel buco E mi trovo nel bosco fiorito Dove si aggirano questi incantevoli Uomini freccia In questo posto non avrò scampo Eppure ci vado E’ questa la fine del cervo. Lui è uscito dal suo mondo, ha visto l’apertura e se ne è tirato fuori. “In nessun posto potevo trovare la mia salvezza” dice. “Va bene qui, dove ci sono gli uomini freccia, gli vado incontro” ci dice. Certo, lui non sa esattamente quello che vuole e quello che desidera. Per questo va dove ci sono loro. “Vado verso la mia rovina” dice il cervo; da un’apertura del bosco selvatico al mondo selvatico. Il cervo parla così. È proprio il cervo a dire questo. Lui è saltato fuori, verso il mondo selvatico. La canzone prosegue. Sebbene io fossi ben nascosto nel bosco selvatico Sto correndo fuori La mia corona di corna mi tradisce Smuove i rami dei cespugli Riparato nel fondo del bosco Ne sono uscito Ora la mia corona svela la mia presenza Intricandosi tra i rami dei cespugli Dal mio rifugio nel bosco selvatico Ho deciso di venire fuori allo scoperto E’ tutta colpa delle mie grandi corna Più alte dei rami dei cespugli Dove si impigliano Potrei rimanere nascosto nel bosco Invece sto correndo fuori La mia corona di corna svela la mia presenza Smuove i rami dei cespugli Il cervo comincia a correre e tenta di nascondersi. Corre verso la prateria. Ma le sue corna agitano la boscaglia. Lui sa tutto ciò che gli sta accadendo e lo racconta. Ed ecco il significato di quello che dice. “Nascosto al sicuro del piccolo bosco selvaggio, sto correndo fuori”, dice. “Le mie corna mi tradiscono. Si vedono muoversi tra i rovi” dice il cervo. Lui sa di avere grandi corna. E la canzone prosegue. Piccolo bosco ricoperto di fiori, ti vengo incontro Ti sto parlando Piccolo bosco di fiori, sto arrivando E ti parlo Adesso vado verso il bosco fiorito E mi rivolgo a lui Mentre mi incammino laggiù …attraverso il varco del piccolo bosco ricoperto di fiori dietro di me vedo questi incantevoli uomini freccia. E’ questo che vedo alle mie spalle E te lo dico, piccolo bosco fiorito. Mentre la canzone avanza verso il finale, il cervo continua a correre. E mentre corre parla rivolgendosi al mondo che lo circonda. Scappa, e chiede aiuto al mondo selvatico in cui è caduto. “Piccolo bosco ricoperto di fiori” dice “Sto arrivando da te e ti parlo”. Il cervo vuole che qualcuno parli per lui. Vuole che il mondo selvatico parli per lui. Come potrà parlare per lui? Non c’è una risposta, la canzone dice solo questo. Quel povero essere vuole che qualcuno abbia la benevolenza di parlare per lui. Il cervo non vuole morire e lo dichiara nella canzone. E la canzone continua. Voi siete fratelli Prendete la mira, di comune accordo tra voi Dopo aver preso la mira Colpite insieme Avete lo stesso sangue Tirate bene e fatelo in accordo tra voi Annuendo l’un l’altro Colpite insieme Mirate, dunque, lanciate Convinti di colpire In pace tra voi Insieme colpite Io mi trovo lì Al centro dell’apertura Sul piccolo bosco ricoperto di fiori “Stiamo correndo”. La mia bava diventa fiore Calpesto polvere che diviene fiore “Stiamo inseguendo” Tirate bene, di comune accordo, tirate tutti insieme. Questa parte della canzone riguarda i cacciatori che sono impegnati nell’inseguire il cervo. E infatti loro continuano a correre, scagliando contro l’animale le loro frecce. E fanno come i ragazzini quando inseguono qualcosa o qualcuno. “Corrono verso un’apertura del piccolo bosco” dice la canzone. “Correndo come persone che diventano fiore, bava/polvere/fiore” dice la canzone che prosegue: “Tirate bene, di comune accordo” dice “Ricordatevi che siete fratelli”. La canzone dice questo e continua. Dove stanno lanciando le loro frecce? Le tirano nel bosco A cosa stanno mirando? Stanno mirando all’aria Cosa stanno colpendo? Non colpiscono nessuno. Io mi trovo laggiù In un’insenatura Immerso nel bosco coperto di fiori Con la bava divenuta fiore Con la polvere diventata fiore “Stiamo correndo” dove stanno tirando? Stanno tirando nel nulla I pakkolam corrono e cercano di colpire il cervo con le loro frecce. “Ma dove tirano?” domanda la canzone. “Tirano al nulla” risponde. I pakkolam inseguono il cervo ma dentro stanno già cantando. “Laggiù in un’apertura sul piccolo bosco, con la bava diventata fiore, con la polvere diventata fiore, stanno correndo” dice la canzone. Tirano senza colpire. La canzone dice solo questo. Non volendo morire Districandosi tra i rovi del bosco selvatico Non volendo cedere Divincolandosi tra le sterpaglie del bosco selvatico Rifiutandosi di soccombere Correndo tra i rami del bosco selvatico Non volendo ammettere la sua fine Sferzato dai fuscelli del bosco selvatico Io sono laggiù Correndo nel piccolo bosco coperto di fiori E cerco di correre dimenandomi, ferendomi, ad ogni incantevole cespuglio non volendo morire districandomi tra i rovi del bosco selvatico Il cervo corre verso il mondo selvatico. Volendo salvarsi, lui cerca rifugio nel mondo selvatico e vuole entrarci. “Voglio entrare nel mondo selvatico” dice. “Non volendo morire voglio entrare nel mondo selvatico”, lo stesso cervo dice questo, mentre continua a correre per salvarsi. Esausto per il troppo correre, adesso rallento il passo Malgrado la stanchezza continuo a correre Esausto per il troppo correre, adesso rallento il passo Cammino dopo aver perso il fiato nella corsa Nonostante la stanchezza, procedo nella fuga Esausto dal correre, adesso cammino Ho corso troppo, adesso cammino Ho corso troppo ma non mi fermo La fuga mi ha sfinito Ma non mi fermo ed avanzo Rallentando il passo Io sto camminando laggiù Lungo un sentiero Attraverso il piccolo bosco ricoperto di fiori E continuo a camminare Con la testa china Verso la terra E continuo a camminare Con la bava alla bocca Continuo a scappare Nonostante io sia esausto per il troppo correre Continuo a camminare Per salvarmi “Esausto per il troppo correre” dice la canzone. “Esausto per il troppo correre, continui a camminare”. Stanco, camminando, agitandosi tra i rami estremi alla fine del piccolo bosco, il cervo procede nella sua corsa. Con la testa china verso la terra, con la bava intorno alla bocca, sta camminando. Stanco, camminando, lo stesso cervo si racconta e lo fa in questo modo. Mai più Io sarò in questo mondo né camminerò ramingo non ci sarò mai più Io non ci sarò domani Non camminerò più Su questa terra Non ci sarò mai più Ma cammino ancora Laggiù Nel sentiero racchiuso nel piccolo bosco fiorito Ammetto… l’arco di Yevuku Yelome Mi ha sconfitto incantevolmente La freccia di bamboo di Yevuku Yelome Mi ha vinto meravigliosamente Mai più la mia ombra Si poggerà su questa terra Non camminerò più in questo mondo E qui il cervo cade. “Mai più io sarò qui, né camminerò ramingo” dice. Il cervo sta per essere ucciso, sta per morire. “L’arco di legno di Yevuku Yelome”, dice. Vuol dire che un arco di legno lo ha sconfitto incantevolmente. “Con l’arco bastone di Yevuku Yelome sono stato sconfitto incantevolmente”. E’ lo stesso cervo a raccontare la sua fine. Lui usa queste parole. Mentre sta morendo, mentre agonizzante va a morire, dice questo. Come coloro che andando in guerra felici accettano di poter morire sul campo di battaglia, e proprio lì dirigeranno i loro passi , così fa il cervo. Le mie zampe si trovano sulla mia corona di corna Ma cosa mi sta succedendo? Che posizione è quella in cui mi trovo? Cosa mi è accaduto? La mia corona di corna è sovrastata dalle mie zampe Non era mai accaduto questo Io sto ancora camminando Laggiù Lungo il sentiero che attraversa il piccolo bosco coperto di fiori Ammetto…. L’uomo fiore con il suo arco di legno Mi ha preso L’uomo fiore, armato di freccia e bastone divenuto fiore Mi ha sconfitto incantevolmente È ancora il cervo a descrivere la sua condizione, mentre viene trasportato. I cacciatori lo hanno ucciso, i pakkolam, gli uomini cacciatori. Io pure uccido i cervi. Ed anch’io metto le zampe sulle corna dell’animale quando devo trasportarlo dopo averlo ucciso. La canzone dice questo. “Le mie zampe sono sulla corona di corna, cosa mi sta accadendo?”. Accade che le sue zampe sono state messe lì dai cacciatori, per permettere un più facile trasporto del corpo. Lui stesso descrive la sua condizione, usando queste parole e cantando la sua tragica vicenda. È stato ucciso, ucciso da un arco di legno. Ucciso e preso, ucciso e preso Lì nel selvatico Sono stato ucciso e preso Sono stato colpito infine Lì nel bosco fiorito Ucciso e portato via Mi hanno catturato e trasportato Colpito a morte e portato via Yevuku Yelome mi ha sconfitto incantevolmente Laggiù Nel centro del piccolo bosco fiorito L’incantevole Yevuku Yelome Mi ha battuto meravigliosamente Ucciso e preso Lì nel bosco fiorito Adesso il cervo entra nel “rama”, viene trasportato lì. E continua a raccontare la sua stessa fine. “Sono stato ucciso e preso. Lì nel selvatico, sono stato ucciso” dice. “Gli incantevoli uomini cacciatori mi hanno preso” dice “Morte mi hai preso” dice. Sei disteso sulle frasche Animale divenuto fiore Corpo divenuto fiore Adesso sei esanime sulla legna Animale fiorito, corpo fiorito Ed il corpo è un fiore E sei esanime disteso sulla brace “Io sono di Yevuku Yelome il mio corpo è ricoperto di fiori i fiori dal mondo incantato”. Ormai sta riposando in quel mondo l’animale ricoperto di fiori dal corpo divenuto fiore. Queste parole sono pronunciate dai cantanti che si rivolgono al cervo. “Sei disteso sulle frasche, animale ricoperto di fiori, corpo divenuto fiore” recita la canzone. “Nel patio fiorito di Yevuku Yelome arriva ogni pianta del mondo selvatico. E tu ti trovi ormai disteso su quelle frasche, animale ricoperto di fiori, dal corpo divenuto fiore” dice la canzone. Distendici il cervo sopra. Ogni pianta va bene. Sul pakko c’è sempre del legno di cotone. Buttalo sul rama e sulla strada ci sarà del legno di cotone. Questo va bene per lui, per il cervo. Lì è il luogo in cui sarà macellato, dove i pakkolam lo macelleranno. Quando l’avranno messo lì sopra, sarà coperto con un vecchio sacco o una coperta. E la canzone riprende quando il cervo viene disteso sulla legna. Ma allora, il flauto suonerà diversamente; comincerà ad intonare un’altra canzone. Mentre lo distendono sulle frasche, i flauti iniziano a suonare la canzone della Mosca Chiazzata. I cantori del cervo non sanno la canzone della Mosca Chiazzata, solo i flauti la conoscono. Allora, i pakkolam reciteranno con questa canzone. Reciteranno intorno al cervo, lo ingiurieranno. Ed allora diranno “macelliamolo subito” e la macellazione ha inizio. Metti un fiore sopra di me Un fiore preso dall’animale fiorito Dal corpo divenuto fiore Oh, metti un fiore sopra di me Un fiore preso dall’animale fiorito Dal corpo divenuto fiore Oh, regalami uno dei fiori Sbocciati dal corpo dell’animale Io sono laggiù Lungo il sentiero fiorito ricoperto di fiori Sono immobile Coperto di polvere Sono immobile Coperto di bruma Immobile “Metti un fiore sopra di me Un fiore preso dall’animale fiorito Dal corpo divenuto fiore” Vedi, ora si è alzato il vento, un vento polveroso. Tolosailo: questo è il nome del vento polveroso e grigio. E polverosa e grigia è l’aria che si respira fuori dal giardino di Yevuku Yelome. Quell’albero, come quelli laggiù nel giardino fiorito, sì, quell’albero sta parlando. Quando il cervo sarà stato disteso sulle frasche, l’albero chiederà la coda, la coda del cervo. I cacciatori del cervo taglieranno la coda e l’appenderanno sull’albero. Questo è quello che l’albero sta chiedendo: l’albero sta chiedendo la coda. “ Metti un fiore sopra di me. Un fiore preso dall’animale fiorito. Dal corpo divenuto fiore”, dice. L’albero chiede questo ai cacciatori. Vuole che loro appendano la coda del cervo ad uno dei suoi rami. L’albero che sta nel patio la vuole come decorazione, vuole la coda del cervo “fiore”. Il mio incantevole corpo È diventato fiore Sta bruciando sopra il fuoco E un fianco scivola sull’altro Vedo il mio corpo fiorito Sulla brace incandescente Appoggiato su un fianco E poi sull’altro Il mio corpo fiorito Si illumina al fuoco Immobile su un fianco E poi sull’altro Io sono laggiù, nel giardino fiorito Ricoperto di fiori di Yevuku Yelome Qui d’incanto Mi diffondo nell’aria L’aria è intrisa di me Ed io divento fiore Mio incantevole corpo divenuto fiore Fuoco sopra al fuoco Un fianco appoggiato all’altro La carne del cervo, arrostita sulla brace, continua a parlare. Diventerà spiedini. “Mio incantevole corpo fiore, fuoco sopra al fuoco, un fianco appoggiato all’altro, spiedini” dice. “Il giardino fiorito di Yevuku Yelome” dice “Qui mi diffondo e divento fiore” dice. Lo spirito del cervo è ancora nel mondo selvatico. Il cervo svela questo di sé. Canta così. Il mio incantevole corpo divenuto fiore sta risplendendo Appoggiato lì fuori di me Una parte del mio corpo fiorito brilla Fuori dalla mia pelle Io sono sempre laggiù nel giardino fiorito Coperto di fiori di Yevuku Yelome E risplendo Fiori dalla mia pelle E le mie essenze si diffondono nell’aria Divento evanescente Il mio incantevole fiore corpo sta risplendendo Appoggiato fuori di me Interiora, budella di cervo. Qui la canzone parla di budella. Ma non uno stecco, né buono né bello è rimasto non è rimasto più nulla di me né di commestibile né di utile neppure uno spiedino non c’è altro di me che sia rimasto in questo mondo null’altro Io ormai sono al centro Del mondo selvatico coperto di fiori Lì nel selvatico Sono qui, buono e bello Ma di quell’altro me Non è rimasto nulla Né di buono né di bello Finisce con queste strofa la canzone. I pakkolam usciranno di scena uno per volta, spingendosi fuori l’uno con l’altro. L’ultimo resta al centro della scena e si lascia cadere. Cadrà per terra, disteso, agonizzante. Sforzandosi punterà la testa verso il centro del rama. Gli altri torneranno, dopo aver preso un vecchio sacco o una coperta. La bagneranno con dell’acqua e lo ricopriranno. Così coloreranno la pelle del cervo. Quando avranno finito usciranno e con quella stessa coperta picchieranno gli spettatori dicendo che stanno ancora colorando la pelle del cervo . Questo sarà l’ultimo gesto, non ci sarà nient’altro. Lì finisce la caccia.

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