lo scarabeo che caccia l'aquila

mercoledì 9 febbraio 2022

La storia di Capo Comanche

PAWNEE I Pawnee vivevano lungo gli affluenti del fiume Missuri (Nebraska e Nord Kansas). La loro vita scorreva con un andamento circolare che partiva dalla primavera, la stagione che trascorrevano in alloggi di terra a forma di cupola. Questo era il momento della semina: le donne preparavano i campi e ci piantavano il mais, le zucche e i fagioli; gli anziani si radunavano per celebrare i riti. A giugno, mentre le colture crescevano, si spostavano a ovest verso gli altopiani; lì vivevano nei tipi di pelle di bufalo. Alla fine di agosto tornavano nei villaggi delle case di terra, dove facevano il raccolto e continuavano i riti. A novembre, con l’apprestarsi dell’inverno, ritornavano sugli altopiani per la caccia al bufalo che durava fino a febbraio, quando si ripartiva per tornare a casa. La Storia di Capo Comanche fa parte del genere storico che, generalmente, racconta delle grandi imprese compiute in guerra. Questa spiega l’origine del nome di un uomo: Capo Comanche. La vicenda illustra come i nativi ottenevano i loro nomi personali attraverso atti di coraggio o altre azioni; nomi, spesso, meritati nelle spedizioni di guerra. L’evento narrato è accaduto nella metà del diciannovesimo secolo quando, una o due grandi formazioni Pawnee, partirono verso sud, probabilmente, per andare a rubare i cavalli. La storia di Capo Comanche Si narra che un gruppo di guerrieri partì dalle terre in cui vivevano le tribù Pawnee, prima che anche gli altri si muovessero nella stessa direzione. Dopo tanti giorni di cammino, più di quanti erano stati previsti, uno di loro, parlando al compagno che aveva vicino, gli disse: “Ascoltami, io mi fermo qui. Gli altri vadano avanti. Io devo andare dalla parte opposta. Sto cercando qualcosa di molto speciale e devo trovarlo assolutamente”. Il compagno rispose: “Non puoi andare da solo. Io verrò con te” e lo seguì. L’uomo si oppose: “No. Tu devi andare avanti con il resto del gruppo. Tu devi andare dove vanno loro”. Ma l’altro non si fece convincere: “Io verrò con te. Andrò dove vai tu”. E così partirono insieme, l’uno dicendo all’altro di andare via, l’altro rimanendo ostinatamente al suo fianco. Senza altri contrattempi i due guerrieri arrivarono nel posto stabilito che l’uomo cercava e che sembrava conoscere. “Vivono qui quelli che cerco. Non credevo di riuscire a ritrovare la strada ma adesso so di non aver sbagliato: è qui che vivono coloro che vengono chiamati la tribù dei Comanche”. Poi si raccomandò al compagno: “Adesso tu aspetta qui. Io andrò su quella collina per guardare intorno”. “Possiamo farlo insieme”, obiettò l’altro. “Allora vieni, ma sta attento”. Salirono in cima ad una delle colline che sovrastavano il villaggio. “Guarda con attenzione”, disse l’uomo ed aggiunse : “Lo vedi quel villaggio laggiù in fondo. Quello è il villaggio, lo riconosco dalla forma”. E, in effetti, quel villaggio aveva una disposizione delle abitazioni ben precisa. Sul versante ad occidente di quel grande villaggio era sistemata la dimora del capo dei Comanche e della sua famiglia: moglie, figli ed una figlia. Oltre alla famiglia abitavano in quella parte del villaggio i guerrieri che assistevano il capo ed un anziano che gli faceva da banditore. Dopo aver studiato bene la sistemazione delle abitazioni l’uomo disse al suo compagno: “Io vado laggiù. Tu rimani qui. Mi aspetterai per quattro giorni. Se non mi vedrai tornare non preoccuparti e tornatene a casa. Se non torno vuol dire che mi hanno catturato ed ucciso”. L’uomo suggerì anche cosa il compagno avrebbe dovuto dire una volta tornato dalla sua gente: “Tu dirai agli altri che sai dove si trova il villaggio in cui io mi ero diretto. Dirai che questa gente mi ha catturato e mi ha ucciso. Dirai che mi hai aspettato per quattro giorni e che non vedendomi tornare te ne sei andato”. Detto questo, l’uomo si diresse verso il villaggio. Erano giunti nei pressi del villaggio a giorno inoltrato ma quando l’uomo salutò il compagno era quasi notte. Il pawnee – l’uomo che faceva parte della tribù “Quelli che Assomigliano ai Lupi” – si diresse da solo verso il villaggio. Quando arrivò al villaggio, vide che la gente era ancora impegnata nelle faccende della vita di tutti i giorni. Poi, lentamente, tutto si fece quieto. Tutte le attività andarono cessando. Intorno si vedevano solo cavalli. Infatti, come sempre, i cavalli migliori erano stati legati davanti alle abitazioni dei loro proprietari. Il pawnee puntò dritto su un certo alloggio. Lui vide che all’interno dell’abitazione la fiamma del fuoco era ancora accesa ma che, lentamente, si stava esaurendo. Stava per essere il momento giusto. Era quasi giunta l’alba ed era quello il momento giusto per entrare. L’uomo allora aprì la porta del tipi ed entrò. Sapeva bene com’era disposto l’alloggio. C’era già stato e l’aveva bene impresso nella mente. Per questo, adesso che era nuovamente lì, sapeva perfettamente come muoversi. Non esitò un attimo. Si diresse verso la parte che si affacciava ad occidente. Sapeva dove era posizionato il letto del capo e dove, invece, era quello di sua figlia. Lei era lì che dormiva. Lui si svestì: lasciò da una parte il suo arco ed il coltello, i gambali ed i mocassini. La ragazza continuava a dormire. L’uomo, silenziosamente, sollevò le coperte e si distese a fianco della ragazza. A quel punto la donna si svegliò e gli appoggiò le mani sul viso. Cercando di capire chi fosse al proprio fianco lei gli passò le mani sul volto, sulle tempie e sulla testa e si accorse che quell’uomo aveva una cresta all’Osage. Lei capì subito, da questo particolare, che si trattava di un pawnee. Questi uomini pawnee non esitano davanti a niente! Lei allora chiamò suo padre, sussurrando: “Padre, sei sveglio?” E, lui disse: “Perché mai dovrei essere sveglio, figlia?” Lei: “Una persona è entrata nel mio letto”. A quel punto il padre si alzò e chiamò gli uomini di guardia all’entrata dell’alloggio. “Rianimate il fuoco!” gridò, ma prima che gli uomini arrivassero il capo aveva già buttato sulla cenere ancora calda dell’erba secca e delle scaglie di legno che subito rianimarono la fiamma. Allora il capo urlò: “Governatelo! Voglio tanta luce, perché si possa vedere bene!” E poi disse: “ Tutti in piedi, svelti! E che nessuno faccia niente di avventato! Scopriamo chi è questa persona che è entrata nei nostri alloggi.” Poi ordinò al banditore: “Vai fuori e annuncia a tutto il villaggio che il capo vuole che tutti si radunino qui. Chi arriverà per primo potrà entrare disponendosi in ordine all’interno dell’alloggio. Quelli che arriveranno dopo e che per questo non troveranno posto all’interno, dovranno disporsi in circolo fuori dalla casa. Che tutti siano pronti a difendere il capo, nel caso in cui lo straniero che adesso giace nel letto con mia figlia, non sia giunto da solo al nostro villaggio. Lui ha i capelli tagliati alla maniera degli Osage!”. Arrivarono tutti in breve tempo e riempirono l’interno dell’alloggio. Allora il capo dei comanche, il capo di tutti i capi, parlò: “Ognuno di voi dovrà dirmi cosa pensa che sia giusto fare. Avete visto questo straniero entrare nei nostri alloggi. Come deve reagire il nostro villaggio?”. Un gruppo di uomini disse: “cosa ne pensano quelli che stanno di fronte a noi?”. E quelli che erano stati chiamati in causa prontamente risposero: “E perché non sentiamo il parere dello zio della ragazza? Del resto dovrebbero essere i parenti più vicini a decidere cosa fare. Sono loro ad essere stati offesi direttamente”. Lo zio della ragazza intervenne: “Il capo ha dato a voi la parola”. Da un angolo si alzò la voce di un anziano. Era il padre del capo dei Comanche che disse: “Nessuno ha avuto il coraggio di parlare. Siete rimasti tutti a sedere, in silenzio. Allora dirò io una cosa che proprio mi sento di dire. Io sono vecchio ed in tutti questi anni di vita ho sempre sognato di fare una cosa che non ho mai fatto: è giunto il tempo di visitare la tribù a cui appartiene quest’uomo”. Indicò lo straniero e gli domandò: “Di che tribù sei?” “Son di Quelli che Assomigliano ai Lupi”. “Era quello che tutti noi pensavamo – disse il vecchio – La gente ha sempre detto che quelli che assomigliano ai lupi sono coraggiosi. Nessuno dei presenti avrebbe fatto quello che hai fatto tu”. Infine il vecchio tornò a dire: “Ho sempre avuto il desiderio di visitare quella gente. Adesso che ne ho ancora la possibilità intendo farlo, indipendentemente da quello che il mio bambino, mio figlio che adesso è il capo, vorrà che sia fatto”. Ma il vecchio non aveva finito di dire la sua: “Quest’uomo, questo quelli che assomigliano ai lupi, mi piace. E’ coraggioso! E’ coraggioso! Non ha cercato di usare le sue armi, né arco e né coltello. Sembra che non conosca la paura. Guardate questa donna, mia nipote, questa mia ragazza: lei lo vuole, e io non ho niente da obiettare. Lui può prendermela, la può sposare. Lui è venuto per sposare mia nipote ed io gliela darò, se è questo che lei vuole. Non passerà molto prima che arrivi la primavera, e non passerà molto perché ogni cosa maturi e ci saranno cibi in abbondanza – disse ancora il vecchio - E io voglio andare nei luoghi in cui abita la tribù di quest’uomo. Finalmente, potrò mangiare tutto quello che mangiano loro. Si dice che fra tutti gli Indiani che popolano la terra, il Paradiso ha benedetto quella tribù con i semi delle piante da mangiare. Ne hanno di ogni tipo. Io farò questo: mangerò tutti quei differenti tipi di cibo. Ne hanno di ogni tipo, lì dove vivono loro. Desidero mangiarli. C’è un tipo che chiamano zucca. E’ una pianta che si arrampica alle pareti dei loro alloggi. Le zucche gli crescono addosso. Sono così buone che ne devo mangiare un po’, mentre sono ancora in vita. Ma torniamo alla ragione per cui ci troviamo tutti qui riuniti. Io dico, siccome voi non dite niente, che darò il mio assenso all’unione di mia nipote con quest’uomo”. Il capo dei capi disse: “Ben detto padre. Lo avete sentito.” A quel punto i guerrieri se ne andarono: “Oramai, qui, non c’è più bisogno di noi”. “Non voglio più nessuno in giro! – disse allora il capo dei comanche - Andate! Andate a casa! Chi di voi avrebbe fatto quello che ha fatto lui? Questo quelli che assomigliano ai lupi è coraggioso. E s’è preso la nostra giovane donna comanche”. E fu così che l’uomo sposò la figlia del capo dei comanche e lei gli dette tanti, tanti figli. Arrivò la primavera e la giovane coppia portò l’anziano padre del capo dei comanche e sua moglie dove viveva la tribù di quelli che assomigliano ai lupi: a Beaver Creek. Lì si conobbe il nome con cui il giovane sposo veniva chiamato nel suo villaggio: lui era Capo Coltello. Disse: “Ora mi chiamo Capo Comanche. Hanno deciso di chiamarmi Capo Comanche”. E pensare che era ancora giovanissimo e già aveva assunto quel nome. Giunto al villaggio Capo Comanche scoprì la fine che aveva fatto il vecchio compagno che aveva lasciato ad attendere il suo ritorno sulla collina. Questi, dopo aver atteso quattro giorni il ritorno del suo amico, aveva pensato: “Certamente lo hanno ucciso. Io non posso tornare a casa da solo”. Probabilmente questo giovane si era ucciso. Gli altri guerrieri che avevano proseguito la loro missione, invece, erano tornati a casa sani e salvi. Frattanto il giovane sposo aveva ottenuto ciò che aveva desiderato. Quest’uomo detto Capo Comanche, se crediamo a quello che raccontano gli anziani, accudì l’anziano nonno della ragazza comanche e poi, quando la ragazza comanche morì, lui sposò “Tutte le Donne del Capo”. Si racconta che quando anche lui divenne vecchio riprese il nome di Capo Coltello che, ancora oggi, è il nome della sua famiglia. Coltello Buono fu chiamato suo figlio. Mi piacerebbe sapere quali sono le storie che danno origine a certi nomi? Quando i più vecchi raccontavano le storie, mi raccontavano questa che avrebbe parlato del vecchio uomo Capo Comanche e di quando la coppia arrivò fra la nostra gente, di Donna Comanche – la ragazza giovane – oh, se era bella quella giovane donna! Questa ragazza era davvero bella, al tempo quando la nostra gente viveva ancora in Nebrasca. Non era passato tanto tempo, da quando avevo raccontato questa storia in terra d’Osage, che incontrai un comanche. Fu durante un incontro peyote che incontrai Coltello Buono, che era ancora in vita. E questo comanche disse: “Sono un parente di quell’uomo. Quest’anziano è pure un suo parente.” Era un parente anche di quell’anziano. Erano parenti del vecchio uomo Capo Comanche, quello che prese la ragazza dalla sua tribù. Quando diventando il genero del capo comanche, si dice, fu chiamato con qualsiasi nome desiderasse chiamarsi. In mezzo alla sua progenie c’era uno chiamato Lupo Bianco. Il nome si riferisce ad un lupo di colore bianco: Lupo Bianco. Questa storia che ho raccontato è vera. Non è la classica storia del Coyote, io non me la sono inventata, e non è frutto di un sogno; ma è una storia della gente che viveva in passato. Loro dicevano ai giovani: “Ora sei cresciuto. Ora devi vivere la tua vita. Devi farlo a modo tuo se vuoi trovare la tua buona stella. Oggi avete appreso la storia di questo uomo pawnee, quello il cui discendente è chiamato: John Knife Chief. Ho detto il suo nome in inglese perché così, se vuole che qualcuno dei bambini dei suoi figli sia chiamato Capo Coltello, saprà che loro hanno diritto a quel nome. E questo è tutto quello che avevo da dire.

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