lo scarabeo che caccia l'aquila
mercoledì 9 febbraio 2022
IL MITO DEL SOLE
KATHLAMET CHINOOK
La narrativa Kathlamet non racconta la nascita ma la fine del mondo.
Colui che arriva al sole è un prosperoso capo che, anche se non in seguito ad una cerimonia ufficiale, è accettato come genero e, generosamente, gli vengono offerti un’infinità di doni. Si pensa che questa storia sia la riflessione ad un’improvvisa catastrofe scaturita da un terribile contagio. Un desiderio di potere, a scapito della gente, che riflette la bramosia di ottenere e monopolizzare il controllo dei beni necessari, controllo arrivato alla foce del fiume Columbia con i bianchi. Lo stereotipo del “mitico carattere naturale”, presumibilmente, era stato ispirato ai Nativi dallo sbalorditivo senso di possesso innato nei bianchi. La distruzione è la conseguenza delle trasgressioni nelle relazioni con i provvidenziali, grandi poteri del mondo.
IL MITO DEL SOLE
In un luogo lontano sorgeva una grande città,
una città composta da cinque città minori.
Un solo uomo governava sull’unica stirpe che abitava questo regno.
L’uomo era solito uscire
Alle prime luci del mattino
Per ammirare, immobile, il sorgere del sole
Un giorno l’uomo disse a sua moglie:
“E se andassi in cerca della luce che fa splendere il sole?”
“Tu pensi che sia così vicina da poterci arrivare?
E vuoi dirigerti verso il sole?”
Gli rispose la moglie
Il giorno dopo
All’alba
L’uomo uscì dalla sua casa
E vide ancora una volta il sorgere del sole
Alla prima luce che sembrava giungere
Proprio da quella direzione
Chiamò sua moglie e disse:
“Mi confezionerai 10 paia di mocassini
e dei gambali per dieci persone”.
La moglie obbedì
Cucì mocassini per dieci persone
Ed altrettanti gambali
Il giorno dopo, all’alba
Lui partì per quello che si prospettava essere un lungo viaggio
E infatti camminò utilizzando tutti i mocassini
Ed i gambali che aveva
Camminò per cinque mesi
E consumò cinque paia di mocassini
E cinque di gambali
E camminò ancora
Per altri cinque mesi
Mettendo fine alle sue scorte di mocassini e di sandali
Infine giunse nel luogo da cui
lei si diffondeva;
arrivò proprio dove sembrava si trovasse la fonte
Della luce del sole.
E lì lui vide una casa
Aprì la porta ed entrò
In quella casa c’era una ragazza
E lui si fermò con lei.
In un angolo di quella abitazione
L’uomo vide appese alle pareti
Frecce, faretre cariche di frecce,
corazze di pelle di alce
corazze di legno
scudi, asce, clave da guerra, monili piumati.
Tutti questi oggetti del corredo di un guerriero
Erano appesi in quell’angolo della casa
Sulla parete opposta
Facevano mostra di sé
Coperte di pelle di capra di montagna
Coperte di alce dipinte
Pelli di bufalo
Vestiti di pelle rivoltata
Denti lunghi, collane di conchiglie
Denti corti
Infine, vicino alla porta
C’era appeso qualcosa
Ma lui non capì bene cosa fosse
L’uomo chiese alla ragazza
“Chi è il proprietario di quelle faretre?”
“Sono della madre di mio padre
Lei le custodisce per quando sarò pronta”
“E di chi sono le corazze di pelle di alce e le frecce?”
“Sono della madre di mio padre. Lei le custodisce in attesa del tempo in cui io sarò pronta”
“E le corazze di legno, gli scudi, le clave di osso e le asce, di chi sono?”
“Sono della madre di mio padre, e miei”.
Poi volgendo lo sguardo verso l’altra parete l’uomo chiese ancora:
“Chi è il proprietario di quelle pelli di bufalo, delle coperte di capra di montagna, di quei vestiti di pelle rivoltata?”
“Sono nostre, le custodisce la madre di mio padre in attesa del tempo in cui io sarò matura”.
Lui domandò di tutti quegli oggetti
Chi ne fosse il proprietario
Ed infine pensò
“Io prenderò questa donna”
Scesa la notte
l’anziana donna tornò a casa
attaccò al muro un’altra cosa
una cosa che risplendeva, accecante.
Era quella la luce che stava cercando
e che lui voleva per sé.
L’uomo decise di fermarsi in quella casa
Ci rimase per tanto tempo
Con la giovane donna.
La vecchia
andava via ancora prima dell’alba
E tornava a casa dopo il tramonto
Ogni giorno riportava diversi oggetti,
a volte frecce, a volte pelli, a volte corazze.
Ogni giorno.
Trascorse tanto tempo
E l’uomo cominciò a sentire
nostalgia di casa
Rimase a letto due giorni e due notti
Senza alzarsi.
La vecchia disse alla nipote:
“Avete litigato e lui si è offeso?”
“Non abbiamo litigato
E’ solo che lui sente nostalgia di casa”
Allora la vecchia disse all’uomo:
“Cosa desideri portare con te quando tornerai a casa?
La pelle di bufalo?”
Lui rispose: “No”
“Porterai via le coperte di capra di montagna?”
“No”
“Vorresti forse le corazze di pelle di alce?”
“No”.
Invano l’anziana donna gli mostrò gli oggetti
che si accatastavano in quella parte della stanza
Gli offrì tutto quello che aveva, ma lui voleva solo quella cosa…
Quella cosa unica
Tenuta lontano dalle altre
Quando porterà via con sé quella cosa
conservata lontano dalle altre
lui sarà libero di andarsene
E vagherà per il mondo
Fino a quando i suoi occhi potranno vedere.
Lui voleva a tutti i costi la fonte di quella luce che acceca
il cui splendore si irradia dappertutto
Lui non desiderava altro.
L’uomo, decise di parlarne con la compagna
“Quella donna deve darmi solo una cosa: il suo mantello”
Lei rispose:
“Non te lo darà mai.
In tanti le hanno chiesto di scambiarlo con cose preziosissime
Ma lei non l’ha mai fatto”
L’uomo si infuriò
E si mise a letto
E non si alzò per diversi giorni
La compagna allora
tornò ad offrirgli tutte le cose che possedeva
Gli mostrò tutti gli oggetti degni di un guerriero
che si trovavano ammucchiati in quell’angolo della stanza
Invano, lo implorò di scegliere tra quelle cose
Poi, in silenzio
scoraggiata e stanca
si diresse verso quella cosa tenuta da parte
Si avvicinò a quel mantello e disse solamente
“Lo vuoi? Prendilo!
Ma fai attenzione!
E ricorda che sei stato tu a volerlo
Io ho cercato di darti tutto l’amore che potevo
Non avrei potuto fare altro, dal momento che ti amo.
Prese il mantello
E l’appoggiò sulle spalle del marito
Poi gli consegnò un’ascia di pietra
E gli disse
“Ora puoi tornartene a casa”
E lui se ne andò
tornò sui suoi passi
non si fermò in nessun altro posto.
Arrivò nella città governata dal fratello di suo padre.
E quella cosa che aveva sulle spalle
cominciò a prendere vita
Quella cosa che tanto aveva desiderato, parlò
“Noi due colpiremo la tua città
Noi due colpiremo la tua città”.
Disse quel mantello che lui aveva tanto desiderato.
La sua ragione non riuscì ad opporsi
Fu come spazzata via
E lui espugnò, distrusse, rase al suolo,
la città del fratello di suo padre
E ne uccise tutti gli abitanti
Dopo essere ritornato in sé
vide tutta la devastazione da lui stesso portata
Vide le sue mani insanguinate
E gridò
“Sono pazzo. Ora mi accorgo di cosa realmente sia questa cosa!
Perché mai l’ho desiderata tanto?”
L’uomo allora cercò di togliersi di dosso quella cosa
Senza però riuscirci.
Sembrava che quel mantello
gli si fosse attaccato alla pelle.
L’uomo non poté fare altro che riprendere il suo cammino
E percorse un altro tratto di strada
Giunse nella città governata da un altro fratello del padre
Nuovamente egli perse la ragione
E nuovamente quella cosa parlò
“Noi due colpiremo la tua città
Noi due colpiremo la tua città”
Invano l’uomo cercò di zittirla
Quella cosa non tacque mai
Invano cercò di strapparsela di dosso per buttarla via
La sua mente tornò ad annebbiarsi
E lui distrusse la città dell’altro fratello di suo padre
Come aveva già fatto con quella precedente.
Quando tornò in sé
La città del fratello di suo padre
Era distrutta, sparita
La gente era tutta morta
Lui pianse
Invano cercò di passare tra due tronchi
per tentare di sfilarsi di dosso quel mantello
Quella cosa non si levava
Rimaneva appiccicata al suo corpo
come una seconda pelle
Tentò anche di colpire quella coperta
con dei sassi, scagliandoseli addosso
Ma si accorse che quella cosa
non poteva essere distrutta
Allora lui riprese il suo cammino
Ed arrivò nella città di un altro fratello di suo padre
La cosa che aveva voluto per sé
si rianimò ancora
“Noi due colpiremo la tua città
Noi due compiremo la tua città”
Fu nuovamente accecato
E distrusse anche questa città dell’altro fratello di suo padre
Come aveva fatto nelle due città precedenti
Distruzione, distruzione, distruzione, distruzione.
Ritornò in sé, come era sempre accaduto
E pianse, ancora
E si addolorò per la fine
che lui stesso aveva dato ai suoi parenti.
Per strapparsi di dosso quel mantello
tentò di gettarsi in acqua
ma non c’era modo di liberarsi di quella cosa
Invano si rotolò tra gli arbusti spinosi
Tentando di strappare e fare a brandelli quella cosa
Continuò a colpirsi con sassi sempre più grossi
Fino a che non perse le speranze
E la disperazione lo assalì
Non poteva fare altro che riprendere il cammino
Fino a che giunse in un’altra città
La città di un altro fratello di suo padre
Il mantello prese vita sulle sue spalle
“Noi due colpiremo la tua città
Noi due colpiremo la tua città”
Lui perse la ragione
E portò in quella città
ancora distruzione, distruzione, distruzione, distruzione
E morte
Tornò in sé
quando non c’era più anima viva nella città
E lui era sudicio di sangue
Nelle braccia e nelle mani
“Qa, qa, qa, qa”
il suo corpo era tutto lamento
e disperazione.
Provò ancora a scagliarsi contro le rocce
Ma quella cosa non si strappava né si rompeva
Lui voleva liberarsi di ciò che prima
aveva tanto desiderato
Ma quella cosa restava “impigliata”
tra le sue dita
Il suo cammino riprese, doloroso
Adesso era vicino alla sua stessa città
Sapendo già il destino
che l’attendeva
Lui cercò di fermarsi, di non proseguire
Ma quella cosa sembrava
tirarlo per i piedi proprio in quella direzione
Una volta vicino alla meta
La sua mente si offuscò
E lui distrusse, annientò, rase al suolo
La sua stessa città
Uccise tutti i suoi parenti
Quando ritornò in sé
La sua città era sparita
Dove prima si ergevano le case
I morti ricoprivano la terra
I suoi lamenti e la sua disperazione
Riempirono l’aria
“Qa, qa, qa, qa”.
Si buttò nel fiume
Tentando, ancora, di liberarsi di quella cosa
Ma non ottenne alcun risultato
Addirittura arrivò a gettarsi da un dirupo roccioso
Pensando, sperando
“magari cadendo mi riduco in mille pezzi”
ma restò vivo e incolume
come la cosa che aveva addosso
Senza più speranza di liberazione da quel mantello
non faceva che piangere
attanagliato dalla disperazione.
Poi, improvvisamente, guardandosi alle spalle
Vide che c’era lei, la vecchia
“Tu” gli disse la donna
“invano ho cercato di dimostrarti il mio amore
per te e per la tua gente.
Perché, dunque, adesso piangi?
Tutto è dipeso da te
Tu hai voluto portarti via il mio mantello”.
Lei tolse dalle spalle dell’uomo
ciò che le apparteneva
E se lo portò via
Semplicemente lo lasciò lì da solo
E se ne tornò a casa
Lui rimase lì
Poco lontano da dove si ergeva un tempo la sua città
E si costruì una casa
Una piccola casa.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento