lo scarabeo che caccia l'aquila

mercoledì 9 febbraio 2022

Lunga vita alla Coca

Preistoria La Coca è una pianta tipica delle valli della catena montagnosa delle Ande dove, da sempre, cresce naturalmente. Nella provincia peruviana di Cuzco si racconta che Mamma Coca fosse una donna frivola e bellissima, ragione per cui fu uccisa e fatta a pezzi; laddove furono sotterrati i resti nacque la prima pianta di Coca. Più a nord, nella zona di Vaupes (Columbia), gli indigeni continuano a credere che la prima pianta di Coca sia nata dove seppellirono il dito che la figlia del Signore degli Anelli aveva perduto durante una crisi mestruale. Ancora più su, nella Sierra Nevada di Santa Marta, si racconta che fu il grande eroe Sintana a trasformare il corpo della cortigiana Gualchovang in una pianta di Coca. Tutte le numerose leggende collezionate dai mitologi delle Ande sono connesse al corpo della donna, simbologia della Madre Terra e del dono da Lei ricevuto. E, che per queste popolazioni la Coca abbia un valore assoluto è dimostrato nella stessa lingua Aymara, quella della più grande civiltà del Sud America, dove la parola Coca significa pianta. Per gli indigeni del Sud America la Coca è il dono per eccellenza della Madre Terra (Pachamama); di conseguenza, dunque, una pianta da venerare. Il rito si compie nelle grandi occasioni gettando al vento alcune foglie sacre, oppure regalandole in circostanze quali i matrimoni, le nascite o i funerali. Lo scambio, per meglio simboleggiare l’unione fra le genti, è fatto a mano. Gli indios considerano questa foglia sacra; sacra in un profondo senso religioso che noi non possiamo né vogliamo capire. Noi possiamo considerarlo anche infantile ma, per loro, è sacra nel senso più pragmatico della parola: perché la guarigione è sacra! Tramite la Coca ci si incontra nei momenti più importanti della vita, attraverso questa foglia si rispettano gli altri e il mondo che ci circonda. L’effetto della guarigione va oltre l’aspetto sociale e comprende anche il regolamento delle funzioni del corpo nel difficile clima delle Ande. Masticare la foglia di Coca aiuta a far scorrere il sangue più velocemente ed il corpo può rispondere più efficacemente alla scarsità di ossigeno; anche la necessità di cibo si attenua. In zone così aride, dove per spostarsi da un luogo all’altro è necessario camminare per giorni, la foglia di Coca diviene più preziosa di qualsiasi altra cosa perché garantisce un valore non svalutabile: la sopravvivenza! I viandanti dei sentieri di montagna, quando incontrano gli altari o raggiungono i valichi più alti, lasciano alcune foglie chiedendo protezione per il viaggio. Così discretamente, fino all’arrivo dei bianchi, la Coca è stata sempre presente nella vita dei popoli delle Ande. Storia “Erano brutti e di cattive maniere; le guance di tutti erano zeppe di spezie che, come pecore, ruminavano in continuazione; quasi non potevano parlare. Tutti portavano due sacche a tracolla: una piena di spezie e l’altra di una polvere bianca come il gesso”. Amerigo Vespucci, in questa lettera del 1504, descrive la costa nord del Sud America. In questo, che è il più antico documento sulla Coca, già è chiara la direttiva che Europa e Stati Uniti prenderanno sulla foglia delle Ande. Nel 1551, al primo raduno della Chiesa in Sud America svoltosi nella capitale del Perù, Diego De Robles affermò che la Coca era stata inventata dal Diavolo per distruggere i popoli indigeni. Anche il Re di Spagna, poco tempo dopo, espresse la sua opinione a conferma delle responsabilità del Diavolo. Frate Antonio de Zuinga consigliò al Re, quindi, di distruggere tutte le piantagioni e di vendere tutti gli indigeni che le coltivavano come schiavi. Fortunatamente, i già forti interessi economici che ne derivavano, e che arricchivano tanto il Re che la stessa Chiesa, salvarono sia la libertà degli indios che la foglia del Diavolo. I capi bianchi del Sud America, nei seguenti secoli, hanno continuato simultaneamente a trafficare con la Coca e a disprezzare gli indigeni che la masticavano. Cocaina: pretesto per l’attacco finale alla Coca Questa situazione si interruppe improvvisamente nel 1859 quando, per la prima volta, dalla foglia di Coca è stato estratto l’alcaloide Cocaina. Questo prodotto, che a parere degli Indio trasforma un ciuco in un supersonico, trovò immediata accoglienza nei salotti della borghesia. La totale ignoranza sulla miracolosa sostanza aprì la strada ad innumerevoli casi di abuso e, da ogni dove, cominciarono ad arrivare le storie più inverosimili. Gli indios usano la Coca per integrarsi nella loro società, i cittadini della civiltà occidentale usano la Cocaina per appagare la loro alienazione. Naturalmente è bello sentirsi appagati ma poi, però, quando si deve scendere dal “treno”, è molto brutto! Si vorrebbe vivere sempre così: da re! come Sigmund Freud che, grazie alla Cocaina, da modesto studioso si trasformò nel più eloquente dei disquisitori; tanto che, riferendosi alla Cocaina, era solito dire: “è un miracolo di medicina!”. Però, quando il Presidente dell’Ordine dei Medici tedeschi (Ehrlmeyer) lo accusò pubblicamente di elogiare la sostanza considerata la terza piaga dell’umanità; Freud, sciaguratamente, non seppe trovare il coraggio per difendere la sostanza che gli aveva dato tanta estasi. Il tradimento di Freud ebbe come conseguenza l’immediata interruzione della ricerca scientifica sulla Cocaina, e i suoi denigratori furono liberi di sbizzarrirsi come crebbero. Il picco più alto, in questo ambito denigratorio, fu toccato con il libro “Fantastica” di Louis Lewin (1924). In questo libro, Bibbia dei nemici della droga, si afferma che l’uso costante della cocaina arreca gravissimi danni del tutto simili a quelli degli oppiacei: perenne stato di debolezza; cambiamento di attitudine; apatia e totale disinteresse alle cose serie; invecchiamento precoce; stato perenne di allucinazione con la sola fissazione della droga. Il libro fu accolto con particolare attenzione e soddisfazione dai medici del Sud America. Il più rappresentativo di loro: il dott. Carlos G. Noriega affermò: “L’uso della foglia di Coca, l’analfabetismo e l’ostile attitudine nei confronti della superiore cultura occidentale sono connesse l’una all’altra”. Basandosi su queste opinioni una commissione delle NU arrivò a Lima (Perù), nel 1949, per studiare la Coca. Il presidente di detta commissione, il dott. Howard B. Fonda, Director of the American Association of the Pharmaceutics Industries, appena sceso dall’aereo dichiarò: “La Coca è decisamente dannosa ed è la ragione della degenerazione razziale fra gli indigeni sudamericani. Le ricerche della nostra commissione confermeranno queste supposizioni”. Le NU contro la Coca Il seguito lo conoscono tutti: nel 1961, con la Single Convention, le NU stabiliscono che la Coca è la droga più pericolosa del mondo ed obbligarono i paesi produttori a distruggere tutte le piantagioni nell’arco di 25 anni. Con un rigidissimo controllo, affidato in esclusiva alle compagnie farmaceutiche americane ed europee, furono regolate l’industrializzazione e la commercializzazione. La foglia di Coca sembrava davvero dannata! Del resto, come avrebbero potuto la Bolivia, la Columbia o il Perù resistere al diktat delle potenti NU? Senza dimenticare che, dalla conquista dell’America in poi, questi paesi sono stati governati da bianchi privi di qualsiasi rispetto o attenzione per le esigenze dei nativi. Governi che, da sempre, soffrono di complessi d’inferiorità; prima nei confronti della cultura europea e poi di quella nordamericana. Governi “fantoccio” che hanno regolamentato la vita delle Ande con i principi con cui sono regolate le metropoli occidentali. Un vero e proprio ritorno al medioevo, quando, per imporre la cultura della medicina moderna, si bruciavano le streghe che usavano le piante medicinali. Ora, a bruciare, è quella che gli scienziati tedeschi chiamano: “la medicina naturale dei popoli”, ovvero la foglia di Coca. Tuttavia, il mondo occidentale che si illude di sapere come distruggere e sfruttare la natura, non ha tenuto conto di una cosa: Mamma Coca! La Madre che Salva Con la Single Convention cominciò lo sterminio della Coca e degli Indios. Per gli Stati Uniti, questo trattato delle NU, rappresentò l’occasione più ghiotta per l’ennesima dimostrazione di forza. Peru e Columbia, paesi andini per eccellenza e di più radicata cultura nazionale, non si prestarono all’ingerenza americana; interferire in Bolivia, un paese dove la storia politica è solo caratterizzata dai colpi di stato, fu molto più facile. Così, dal 1986 (l’anno che l’esercito degli USA si è insediato nelle valli tropicali della Coca ed, in particolare, nella provincia di Cochabamba), i cocaleros (contadini produttori di foglia di Coca) sono diventati gli obbiettivi dei marines. Fino al 1985 i cocaleros avevano sempre diversificato la produzione dei loro prodotti ma, da quella data, costretti dalla politica economica del governo boliviano che aveva liberalizzato il mercato delle importazioni agricole, hanno dovuto basare la loro produzione esclusivamente sulla Coca. Di fatto, favorendo l’importazione di prodotti come il granoturco e il riso, si è lasciato ai contadini delle Ande un solo prodotto commerciale: la foglia di Coca. Il monopolio delle compagnie farmaceutiche che industrializzano e commercializzano la Sacrafoglia è considerato dagli indios la più grave violazione dei loro diritti civili. Grazie a questo trattato dappoco ci troviamo oggi in una posizione dove: da una parte troviamo gli indigeni con la loro storia e che si identificano nella Nazione Originale, e dall’altra le NU. Evo Morales, Presidente della Bolivia ed ex Presidente del Consiglio delle Ande che rappresenta tutti i contadini produttori di Coca, è chiamato dai cocaleros: “Il Liberatore degli Indio”. Quando nel 1994 è stato arrestato, con la speranza che con lui si sarebbe fermato l’intero movimento, la gente indigena ha manifestato fino al Messico. Nel 1995, quando si sono svolte le elezioni comunali, i candidati di Evo Morales si sono affermati con oltre il 90% delle preferenze. Oggi, la mobilitazione dei Cocaleros, va di pari passo alla rivoluzione sociale sulla foglia di Coca. Dalla conquista del continente americano, nel 1532, i bianchi hanno sempre disprezzato la Coca e gli indigeni che la usano ma, questa grande caccia internazionale alle streghe, ha prodotto l’effetto opposto a quello desiderato. Infatti, i popoli delle Ande e senza distinzione fra bianchi e indios, oggi si ritrovano tutti uniti intorno alla foglia simbolo delle Ande. Tanto che, se vi capitasse di presenziare ad un Consiglio Comunale a La Paz (ma la capitale della Bolivia è solo uno dei tanti esempi possibili), sareste costretti a notare che tutti gli Assessori, Sindaco in testa, sono pressoché nascosti dal mucchio delle foglie che masticano durante i lavori. L’unico risultato ottenuto dall’occidente con la guerrra alla droga è stato che, per la prima volta nella loro storia, anche questi paesi hanno manifestato sentimenti di nazionalismo; un nazionalismo che si esprime nel rispetto della foglia di Coca. Pensate a come viene trattato, nelle dogane occidentali, un qualsiasi cittadino proveniente da un paese andino, allora potrete capire atteggiamenti come quello dell’ex Presidente peruviano Fujimori che, nel 1995, ha ufficialmente proclamato la pianta di Coca “Eredità Nazionale”. Pace alla droga come unica alternativa In Europa qualcuno comincia a capire l’idiozia della guerra alla droga. In Olanda l’uso delle droghe leggere è tollerato per decreto mentre con eroina e cocaina non sanno bene cosa fare, anche se, stando all’immaginazione nazionale, i consumatori non condividono queste indecisioni. Questo problema di salute, che lacera l’intero mondo occidentale, potrebbe essere facilmente risolto se solo ci si rivolgesse a chi, in materia, ha migliaia di anni di esperienza: gli indios. E’ arrivato il tempo di riprendere il dibattito interrotto con Freud, ma ricominciando dalla saggezza e dalla cultura andina. Adoperiamoci affinchè quel futuro, in cui gli indios potranno coltivare e vendere le loro foglie, non sia più così lontano. Rispettare loro e la loro pianta può solo far tornaconto; pensate ai dottori peruviani e boliviani che curano i fumatori di “pasta di Coca” sostituendola con la foglia che non da dipendenza. Anche la cocaina, come tutte le droghe, si usa per alterare il nostro stato di consapevolezza. L’alcool, per esempio, rende inconsapevoli al mondo esterno e ci fa sparlare. Con la coca spariscono le inibizioni ma, invece di dimenticarci chi siamo, passiamo ad uno stato di superconsapevolezza: diveniamo perfetti! Queste esperienze psichiche, naturalmente, hanno un grande fascino; in particolare sulle popolazioni frustrate delle metropoli occidentali. Vietare quest’esperienza è servito solamente a rafforzare l’illusione della polvere liberatrice dall’oppressione dell’autorità. Ma, ormai, anche per gli andini, la Coca è diventata un peso. Secondo Valentin Mejillones, noto dottore della medicina tradizionale della Tiawanaha, la Coca esisterà fino a quando gli indios subiranno la fame, il disprezzo, i maltrattamenti, la miseria e lo sfruttamento. Quando tutto questo finirà, allora, la Coca tornerà alla religione; cessando di essere il simbolo e la bandiera della resistenza contro lo sfruttamento e la colonizzazione delle Ande. I paesi occidentali devono ripensare questa politica troppo egocentrica, imparando a porsi con rispetto ed attenzione nei confronti della cultura indigena andina. Solo in questo modo otterremo l’indulgenza della Sacrafoglia degli Incas, non solo per i sempre più che ne sniffano troppa, ma anche per la nostra “civilizzazione” che onora se stessa avvalorando la sopraffazione e la sottomissione della gente e delle nazioni. Di Frans & Adrian Bronkhorst Traduzione dall’olandese di Ivan Meacci

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